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Le Sacre Scritture e il lavoro.

 


Le Sacre Scritture ci propongono uno sfondo generale del lavoro, pur senza offrirne una esposizione sistematica, in cui il lavoro emerge come una condizione normale dell’esistenza.

I mestieri evocati sono quelli dell’artigiano, dell’agricoltore o del pastore (ovverosia figure professionali che, in modo concreto, supportavano l’economia del momento); mentre nei tempi odierni essi interessano le categorie professionali maggiormente penalizzate a livello economico-contrattuale, necessitando quindi di un rilancio e di maggior sostegno a livello economico.

L’origine del lavoro viene discussa nel libro della Genesi. Nel passaggio di apertura, Dio è il primo lavoratore, impegnato nella creazione del mondo (Genesi 1:1-15). La Bibbia afferma, infatti, che Dio lavorò per sei giorni e si riposò il settimo giorno. Dio fu il primo lavoratore sulla Terra, per cui ne consegue che il lavoro legittimo rifletta l’attività di Dio.

Inoltre, Genesi 1:31 dichiara che, quando Dio vide il frutto del Suo lavoro, lo definì “molto buono”.

Il Salmo 19 dice che Dio si rivela al mondo per mezzo del Suo lavoro: tramite la rivelazione naturale l’esistenza di Dio viene resa nota ad ogni uomo sulla Terra; il lavoro, dunque, rivela qualcosa della persona che lo svolge, ovvero ne espone il carattere, le motivazioni, i talenti e le capacità personali.

Nelle parabole di Gesù troviamo elementi di ordinaria vita quotidiana, nella semplice laicità e spontaneità del loro offrirsi per narrare i segreti del Regno (ad esempio, la semina del terreno e la raccolta del grano, la pesca nel lago, il lievito nella farina, la donna che cerca la moneta smarrita in casa, il lavoro degli operai a giornata, ecc. ecc.).

Si può dedurre che il lavoro, nella Bibbia, viene collegato in maniera diretta al bisogno di guadagnarsi il cibo necessario per vivere, facendo dunque parte della dimensione quotidiana.

Il lavoratore cristiano, probabilmente, si sarà spesso interrogato su che cosa i Testi Biblici dicano a riguardo del lavoro, nella forma in cui lo conosciamo oggi.

Di certo, all’interno della Bibbia non troveremo gli aspetti del lavoro contemporaneo, tipici di società industriali, economie globalizzate e regole di mercato condizionate dall’alta finanza.

Nelle Sacre Scritture, piuttosto, emerge un mondo affidato alla responsabilità e alla gestione di noi esseri umani:

Nel Vangelo di Matteo troviamo la Parabola dei lavoratori delle diverse ore, in cui viene descritto quale debba essere il comportamento da parte di qualsiasi padrone o “datore di lavoro” che grazie a Dio abbia avuto l’opportunità di crescere fino ad essere nell’abbondanza.

1«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa, il quale uscì di mattino presto per assumere dei lavoratori per la sua vigna. 2 Accordatosi con i lavoratori per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. 3 Uscito di nuovo verso l'ora terza, ne vide altri che se ne stavano sulla piazza disoccupati 4 e disse loro: "Andate anche voi nella vigna e vi darò quello che è giusto". Ed essi andarono. 5 Poi, uscito ancora verso la sesta e la nona ora, fece lo stesso. 6 Uscito verso l'undicesima, ne trovò degli altri che se ne stavano là e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno inoperosi?" 7 Essi gli dissero: "Perché nessuno ci ha assunti". Egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna". 8 Fattosi sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e da' loro la paga, cominciando dagli ultimi fino ai primi". 9 Allora vennero quelli dell'undicesima ora e ricevettero un denaro ciascuno. 10 Venuti i primi, pensavano di ricevere di più; ma ebbero anch'essi un denaro per ciascuno. 11 Perciò, nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa dicendo: 12 "Questi ultimi hanno fatto un'ora sola e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso della giornata e sofferto il caldo". 13 Ma egli, rispondendo a uno di loro, disse: "Amico, non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? 14 Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare a quest'ultimo quanto a te. 15 Non mi è lecito fare del mio ciò che voglio? O vedi tu di mal occhio che io sia buono?" 16 Così gli ultimi saranno primi e i primi ultimi».

In questa bellissima parabola, Gesù ci vuole dire qualcosa riguardo al Regno dei Cieli. Gesù inizia infatti dicendo che il Regno dei Cieli è simile ad un padrone di casa che, nel corso della giornata, esce varie volte per andare ad assumere dei braccianti che lavorino nella sua vigna. Più precisamente, il padrone assume cinque gruppi diversi: il primo la mattina presto, il secondo alle 9:00, il terzo alle 12:00, il quarto alle 15:00 e, infine, l’ultimo alle 17:00. Con il primo gruppo il padrone si accorda per un denaro al giorno, mentre agli altri quattro gruppi, che sembravano destinati ad essere disoccupati e inoperosi, il padrone promette di dare “ciò che è giusto”. Questa storia mi ricorda una scena che, a volte, si vede nei film americani, quando dei lavoratori messicani ( spesso immigrati clandestinamente) vengono raccattati da muratori americani. È una scena che, purtroppo, si ripete tutti i giorni in tanti posti d’Italia: il settore agricolo ne è un esempio significativo.

Il padrone della parabola di Gesù è forse simile a coloro che oggi sfruttano i poveri e i migranti? La storia di Matteo sembra rispondere con un categorico “NO”. A fine giornata, infatti, il padrone dimostra di essere del tutto particolare, chiedendo al suo amministratore di pagare tutti i lavoratori, a cominciare dall’ultimo gruppo. Immagino che il primo gruppo si sia avvicinato all’amministratore sperando di ricevere una buona paga, ma anche timoroso di averci rimesso. Non dimentichiamoci, infatti, che il padrone e gli ultimi quattro gruppi non si erano accordati su un prezzo per il lavoro svolto: perciò deve essere stata una grossa sorpresa, per loro, vedersi consegnare un denaro a testa per un paio di ore di lavoro. La sorpresa è stata ancora più grande per l’ultimo gruppo a ricevere il pagamento: si tratta dei lavoratori della prima ora che, essendo stati pagati per ultimi, hanno osservato tutti gli altri gruppi ricevere un denaro. Gruppo dopo gruppo, devono aver pensato che la loro ricompensa, vista la generosità del padrone, sarebbe stata maggiore rispetto al denaro che avevano concordato. I lavoratori, però, ricevono “soltanto” un denaro e lo prendono lamentandosi contro il padrone. Il padrone risponde allora a queste lamentele, spiegando che non si era comportato ingiustamente e che era libero di fare quel che voleva con i suoi soldi. Gesù conclude commentando che “gli ultimi saranno primi e i primi ultimi.”

Non so quale sia stata la vostra reazione, nell’immediato, a questa storia. Credo che la parabola ci debba far riflettere sull’intreccio del nostro rapporto con Dio (che viene rappresentato dal padrone) e del nostro rapporto con gli altri lavoratori ( ciò gli esseri umani e, nello specifico, i credenti): il senso di questa parabola è che Dio salva e benedice le persone in modi e tempi diversi.

Ci sono due interpretazioni classiche di questa parabola. La prima è legata al popolo di Israele, che per primo era stato “assunto” da Dio e che per tanti secoli lo aveva seguito (fallendo miseramente tante volte), mentre ora stava per assistere alla salvezza di molti popoli che da sempre erano stati pagani.

La seconda interpretazione è legata alla salvezza personale degli uomini, che a volte si salvano quando sono giovani, a volte quando sono adulti, e a volte solo in vecchiaia, o sul letto di morte, dopo aver avuto un cuore ribelle per tutta la vita.

Volendo rendere attuale nel nostro tempo questa parabola, possiamo estrapolare il messaggio che essa ci offre, ossia che il il diritto al lavoro e ad un giusto salario non è solo per gli scaltri o i raccomandati, i laureati o diplomati più bravi, ma anche per tutti gli uomini o donne senza discriminazione, ovvero gli ultimi. Infatti, nostro Signore ci insegna “come in cielo così in terra”: il Regno dei Cieli è simile a un padrone che dà lo stesso stipendio a tutti, senza fare differenze e distinzioni.

Ritengo, in base a quanto sopra delineato, necessaria e auspicabile una riflessione politico-sociale in relazione ai principi biblici e cristiani: nessun partito politico fa la minima menzione alla restaurazione delle radici cristiane d’Italia, così come nessun partito mette al primo posto la difesa dei valori costituzionali, come il diritto al lavoro e alla famiglia.

Non c’è sovranità senza identità: anche nel panorama sindacale si avverte il bisogno di un sindacato che sia promotore dei valori cristiani, deciso a difendere i diritti fondamentali dei lavoratori ( certezza di un lavoro, stipendi adeguati al carovita, condizioni lavorative umane e tutela dei pensionati).

Caro lettore, è del tutto evidente che, solo ponendo fine a questa assurda e folle realtà gestita dalle attuali “lobby sindacali” (con la regia dello strapotere della grande finanza speculativa e di un sistema politico contaminato che hanno, come obiettivi, lo schiavismo del genere umano, l’abbassamento del costo del lavoro e la manipolazione degli uomini), solo unendosi in una organizzazione dei lavoratori che conserva radici cristiane, propositiva e svincolata da interessi clientelari, si potrà tracciare un nuovo percorso ed ambire a condizioni economico-sociali più eque e rispettose per gli uomini.


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